Ogni anno, il 1 di marzo la Corea del Sud festeggia una giornata molto sentita dalla sua popolazione e che esprime il forte sentimento patriottico che la caratterizza: si tratta del “Giorno del Movimento per l’Indipendenza”, noto anche come Samiljeol, Samil Day o Samil Independence Movement Day. La ricorrenza, che assume la connotazione di festa nazionale, è stata istituita nel 1945 per ricordare le vittime del Movimento per l’indipendenza del 1° marzo 1919, l’evento che diede inizio a una protesta di carattere nazionale contro il dominio giapponese in Corea. A questa festività venne dato il nome di “Samiljeol” legando insieme le parole “sam”, che significa “tre” a indicare il terzo mese, “il” che significa “uno” per indicare il primo giorno del mese e “jeol” che significa “festa”.
L’era Joseon è la nascita di una identità
La dominazione giapponese in Corea (1910 – 1945) avvenne al tramonto di una grande dinastia, che regnò sul paese per ben 5 secoli, la monarchia Joseon. Quella nota come “l’era Joseon” fu un epoca in cui il Paese vide una enorme espansione culturale, che coinvolse diverse discipline, dalle arti figurative alle scienze. Vi fu l’affermazione di un vero e proprio stile coreano che si allontanava dalla tradizione cinese, e l’invenzione di strumenti rivoluzionari, quali a titolo di esempio un orologio ad acqua automatico e un astrolabio sferico in grado di indicare la posizione del sole, della luna e degli astri, nonché di indicare lo scorrere delle stagioni.
Questa grande espansione ed affermazione culturale fu favorita da una chiusura che il Paese assunse nei confronti di ciò che stava oltre i suoi confini. Infatti, tra il 1500 e il 1600, a seguito delle ripetute invasioni da Giappone e Manciuria (l’attuale Nord-Est della Cina), la Corea assunse una politica estera isolazionista, che si basava sul rifiuto di scambi commerciali con l’Occidente e su di un numero molto limitato di rapporti con i Paesi limitrofi, che contribuì a conferirle l’appellativo di “regno eremita”.
La dinastia Joseon segnò non solo la cultura del suo tempo, ma è percepibile ancor oggi nei lasciti che possiamo trovare in tradizioni quali la cerimonia del tè, nelle architetture dei palazzi storici e nella lingua coreana stessa, che nacque proprio in quel periodo. Nei secoli della monarchia vennero costruite le fondamenta di quella che sarebbe stata la società coreana nei secoli a venire, non solo per l’affermazione del confucianesimo, ma anche per l’istituzione di organi governativi quali i governi provinciali, e delle classi sociali – come nel caso degli “yangban”, ovvero i funzionari di governo, che ottenevano un titolo aristocratico superando il “gwageo”, l’antico esame per la Pubblica Amministrazione.
Verso la colonizzazione giapponese
In un contesto di conflitti per il controllo sulla Corea, che interessavano Russia, Cina e Giappone e che videro quest’ultimo emergere come vincitore, nel 1876, al tramonto dell’era Joseon, venne firmato un trattato che stabiliva relazioni diplomatiche e accordi commerciali tra Giappone e Corea, senza limiti per entrambi i Paesi. La Corea non era più quindi un “regno eremita”.
Tuttavia, tra le clausole contemplate da tale accordo, vi era anche quella della extraterritorialità, che consentiva ai giapponesi di non essere puniti per i crimini commessi in terra Coreana, rendendoli di fatto al di sopra della legge stessa. La Corea, non potendo godere di una forza militare incisiva, dovette sottostare a tali accordi. Fu così che nel 1897, dopo la caduta definitiva della dinastia Joseon, la penisola coreana venne temporaneamente unificata in un Impero Coreano, prima che il Giappone la colonizzasse definitivamente tra il 1910 e il 1945.
Durante questi anni di regime giapponese, la Corea vide tuttavia un rapido sviluppo economico, grazie all’esportazione delle metodologie e conoscenze giapponesi. Da un’economia incentrata esclusivamente sull’agricoltura, in breve tempo la Corea venne dotata di un sistema industriale basato sulla siderurgia, sulla chimica e sull’idroelettrico, il quale portò a una rapida crescita urbana e alla dotazione in tutto il Paese di infrastrutture di trasporto, come strade, ferrovie e porti. Queste trasformazioni resero la Corea una delle nazioni maggiormente industrializzate dell’Asia, seconda, appunto, solo al Giappone stesso.
La repressione dell’identità coreana
Il rovescio della medaglia di questa enorme spinta allo sviluppo industriale fu un periodo di brutale oppressione sul piano sociale. Le autorità nipponiche soffocarono completamente l’identità coreana, agendo sul divieto di diffusione della cultura: l’insegnamento della storia coreana e della lingua vennero estromesse dai programmi scolastici. Il popolo veniva vessato affinché sostituisse il proprio nome di derivazione coreana con uno giapponese. Si proibì di ovunque di parlare in lingua coreana. Infine, anche la sfera religiosa venne colpita, obbligando la popolazione ad abbandonare ogni tipo di culto originariamente osservato nel Paese e a frequentare in via esclusiva i santuari scintoisti giapponesi. I cristiani, il cui culto era stato introdotto verso la fine del Settecento, vennero perseguitati e le chiese date alle fiamme. Si stima che all’incirca 75.000 manufatti coreani vennero trafugati dai giapponesi e portati al di fuori dei confini della Corea.
La nascita del Movimento d’Indipendenza Coreano
Questo clima di oppressione in breve tempo, appena nove anni, portò alla nascita di manifestazioni anti-giapponesi, di cui il Movimento del Primo Marzo del 1919 fa parte. Esso divenne la più vasta serie di proteste pubbliche contro una dominazione straniera in tutta la storia della Corea e fece da apripista per l’istituzione del Movimento d’Indipendenza Coreano.
Si stima che quasi due milioni di persone presero parte alle oltre 1.500 manifestazioni tenutesi in tutto il territorio. Durante queste attività, i leader proclamavano l’indipendenza coreana e dichiaravano come il popolo non avrebbe più tollerato le angherie e prevaricazioni giapponesi.
Si trattò di cortei pacifici, puntualmente sedati con violenza dalle forze armate giapponesi, che arrivarono ad uccidere quasi 8.000 persone ferendone circa il doppio. Quasi 47.000 persone furono arrestate.
Nonostante l’alto costo in termini di vittime, le proteste riuscirono ad ottenere solo un minimo allentamento delle misure di controllo giapponese, come ad esempio la sostituzione della polizia militare con forze civili e la concessione di una seppur limitata libertà di stampa. Risale a quest’epoca, infatti, la fondazione dei due principali quotidiani del Paese: il Dong-a llbo e il Chosun libo, entrambi nel 1920.
Tuttavia, la spinta verso un’indipendenza coreana continuava a crescere e il 1° aprile 1919 Ahn Chang Ho e Syngman Rhee, i leader dell’Associazione Nazionale Coreana (gruppo politico fondato nel 1909 da espatriati, avente l’obiettivo di contestare il regime giapponese) fondarono a Shanghai, in Cina, il governo provvisorio della Repubblica di Corea. Nel 1948 Rhee diventa il primo presidente della Corea del Sud.
Le sofferenze e le vittime del popolo coreano durante questo periodo hanno lasciato un profondo malanimo per le ingiustizie perpetrate da parte dei giapponesi, un sentimento che ancor oggi è presente non solo tra gli anziani ma anche tra le generazioni più giovani.
La celebrazione della Giornata del Movimento del 1° Marzo
Ogni anno, alle 10 del mattino del 1° marzo, in tutto il Paese risuonano delle sirene che indicano l’inizio di un momento di raccoglimento e silenzio, per fermarsi a ricordare tutti coloro che hanno perso la vita per garantire la libertà di cui i cittadini godono oggi.
Questa celebrazione però non ha solo note di silenzio e rispetto, ma si carica anche di colore, quello della bandiera nazionale, e delle risate dei bambini, i quali godono degli ultimi istanti di vacanza prima dell’inizio del nuovo anno scolastico (solitamente il 2 o il 3 marzo).
La protagonista indiscussa della celebrazione è indubbiamente la bandiera nazionale della Corea del Sud (taegeukgi), la quale rappresenta l’importanza dell’interazione tra Yin e Yang in tutte le cose. Infatti, la metà rossa della bandiera simboleggia l’armonia tra le forze cosmiche positive (Yang) e la metà blu rappresenta le forze cosmiche negative (Yin).
Le taegeukgi vengono esposte su tutti gli edifici governativi, a evocare lo sventolio delle diverse versioni della bandiera, brandite dai protestanti durante le manifestazioni pacifiche del 1919.
Durante questa giornata, ad assumere particolare significato è l’esposizione della bandiera alla prigione di Seodaemun, luogo di detenzione di molti manifestanti coreani durante il dominio giapponese. Nella piazza Taegeuk vengono innalzate oltre 800 bandiere coreane: lo spettacolo offerto è degno di nota.
Tra cerimonie ufficiali e celebrazioni popolari
In tutto il Paese si svolgono cerimonie ufficiali, ma la più importante è quella che si tiene nella città di Seoul. Infatti, nel parco Tapgol, precedentemente noto come Pagoda Park, tra i palazzi reali di Gyeongbokgung e Changgyeonggung a nord e l’attuale sede municipale a sud, viene letta la Dichiarazione d’Indipendenza della Corea, proprio come avvenne nel 1919. Le strade, anche quelle ad alto scorrimento, vengono chiuse per rievocare le proteste per l’indipendenza e vengono organizzati numerosi concerti e mostre.
La bandiera nazionale, oltre ad essere esposta sugli edifici governativi, viene portata per le strade dai cittadini stessi, che se la dipingono sul volto, indossano magliette che la riproducono, la affiggono su case e automobili e la sventolano per le strade della città. I coreani si esibiscono in spettacoli di musica popolare vestiti con costumi tradizionali, suonando i tamburi e danzando per le strade. Vengono organizzate anche attività ludiche come il tiro alla fune.
Le strade di Seoul si trasformano in mari di bianco, rosso e blu, al grido di “mense!”, ovvero urrà. È uno spettacolo incredibile da vedere.
Il movimento del 1° marzo 1919 ha acceso un fuoco patriottico nel cuore del popolo coreano che continua a bruciare con fervore fino ad oggi.